venerdì 16 novembre 2012

Brodo apostolorum...il brodino per i Papi.

In un post precedente (qui) si è detto di un grande cuoco del XVI sec., Bartolomeo Scappi che fu al servizio del “nostro” S. Pio V di Bosco marengo cheda Cardinale veniva chiamato ed egli stesso si firmava: l’Alessandrino.
Lo Scappi era nato probabilmente verso il 1500. Il primo evento noto della sua carriera fu nell'aprile del 1536 quando organizzò un banchetto al servizio del cardinale Lorenzo Campeggio. Servì alla corte di altri cardinali, fino a divenire cuoco delle cucine vaticane sotto il papa Pio IV Medici. Continuò successivamente, appunto, come cuoco sotto S. Pio V. Morì il 13 aprile del 1577 e fu sepolto nella chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio alla Regola, dedicata ai cuochi e ai fornai. Al culmine della sua carriera pubblicò il più grande trattato di cucina del tempo (l' "Opera") che includeva oltre mille ricette, gli strumenti di cucina e tutto ciò che doveva conoscere un cuoco rinascimentale di alto livello. Nell' "Opera" si ha la prima raffigurazione conosciuta di una forchetta e vengono introdotti nuovi metodi di preparazione e l'uso di ingredienti importati dalle Americhe. In essa inoltre Scappi definisce il parmigiano il miglior formaggio al mondo. Ebbe grande successo e venne ristampata regolarmente fino al 1643. Includendo numerose ricette di pasta, pasta ripiena, torte, e altri prodotti a base di pasta sfoglia e pasta frolla, l' "Opera" anticipa molte caratteristiche di quella che diventerà la cucina italiana moderna. Ma, come abbiamo detto, l’aspetto che più ci interessa è il servizio che lo Scappi rese a S. Pio V. Domenicano (già nominato da Paolo IV Carafa, Grande Inquisitore) arrivò come un flagello nella Roma papalina e gaudente di fine ‘500. Severo e intransigente, quasi più con se stesso che con gli altri, fustigatore dei costumi e della corruzione, rappresentò il frutto del Concilio di Trento.
La sua elezione, avvenuta nel 1566, fece tremare la Curia, niente festeggiamenti e sontuosi banchetti per solennizzare l’evento, ma il denaro delle cerimonie distribuito ai bisognosi. Addio dunque alle gozzoviglie d’ogni tipo e alle cariche onorifiche, regalate a nipoti ed intrallazzatori, per trasformare la gaudente Roma in una specie di convento di clausura. Questo Papa, che dormiva pochissimo e mangiava solo povere cose, curiosamente si ritrovò come capo della cucina il più grande cuoco del ‘500. S. Pio V, al quale imputarono un unico peccato di gola, il latte d’asina ritenuto all’epoca la panacea per il “mal della pietra” (calcoli renali di cui poi morirà; in realtà, si dice anche che soffrisse di prostata), non sappiamo se apprezzò lo Scappi in tutta la sua grandezza, o la ritenne l’ultimo sussulto pagano e godereccio di un’epoca al tramonto. Ma uno chef di tale rango, che nella prefazione della sua “Opera” fra le credenziali presenta anche quella di “Cuoco Segreto di Sua Santità Papa Pio V”, per lo stomaco papale quale ricetta avrebbe potuto preparare? Lo Scappi, in grado di imbandire qualsiasi tipo di menù, sia per gli importanti personaggi che per gli “infermi” (a cui dedica il libro VI del suo trattato), potrebbe aver elaborato per papa Ghislieri la minestrina di prezzemolo ed erbette passata alla storia come Brodo Apostolorum, dove si mescolano ad arte nutrimento e santità.
Secondo il sommesso e dimesso parere di chi scrive si tratta di una versione "aulica" della nostra più popolare panada. Ed anche del "brodetto pasquale" della cucina romana.

Eccovi, dunque, la ricetta di questo Brodo.
Per far minestra di petrosemolo et altre herbette dimandata nelle corti di Roma.
Habbisi brodo di carne, dove siano bollite cervellate (salsicce) gialle et barbaglie (gole) di porco e schiena di castrato, et esso sia tinto di zafferano mescolato con pepe e cannella e nel tempo dell’estate pongasi con esse uva spina o agresto intero; e quando saranno cotte este materie pigliasi il petrosemolo ben netto e lavato con altre erbucce e si taglino minute e pongasi in esto brodo; e levato che avverrà il bollito servasi subito con fette di pane sotto e le carni siano compartite in pezzuoli nel piatto. Avvertasi però che… starà in arbitrio se si vorrà maritare con cascio grattato e uova sbattute”.
Ed eccovi anche altre ricette dello Scappi.
Per far minestra di tortelli d'herba alla Lombarda
Piglinosi biete, & spinaci, taglinosi minute, & lavinosi in piu acque, & strucchi fuori l'acqua, faccianosi soffriggere con butiro fresco, & con esse ponasi a bollire una brancata d'herbe odorifere, & cavinosi, & ponganosi in un vaso di terra oo di rame stagnato, & giungavisi cascio Parmeggiano grattato, & cascio grasso, tanto dell'uno quanto dell'altro, & pepe, cannella, garofani, zafferano, uva passa, & uove crude abastanza; & se la compositione fosse troppo liquida pongavisi pan grattato, ma se sarà troppo soda, metavisi un poco piu di butiro, & habbiasi un sfoglio di pasta fatta nel modo che se dice nel capitolo 177. E faccianosi i tortelli piccoli, & grandi, facendoli cuocere in buon brodo di carne, & servanosi con cascio,. zuccaro, & cannella sopra.
Per fare cuocere maccaroni in più modi per giorno quadragesimale
Pigliasi una libbra di fior di farina, e una libbra di pan grattato, passato per lo foratoro minuto, impastasi ogni cosa, con acqua che bolla, oglio d'olive mescolato con un poco di zafferano e facciasi la pasta che nò sia troppo soda, ma ben mescolata sopra una tavola, e come haverà preso il caldo, faccianosi i gnocchi cioè maccaroni sopra la grattacascio, e ponganosi a cuocere in acqua che bolla cò un poco di sale, e come saranno cotti, cavinosi, e ponganosi in un vaso di terra o di legno, mettasi sopra una agliata fatta di noci teste, spigoli d'aglio, pepe e polpa di pane ammogliata nell'acqua calda, mescolasi ogni cosa insieme, e servanosi con pepe, e cannella sopra.
Per far potaggio di pesce e salmone
Pigliasi il pesce salmone, nettasi della pelle e tagliasi in bocconi, e pongasi in un vaso con cipolle soffritte, e prugne, oglio, vino bianco e un poco di aceto, acqua e mosto cotto, e sia la compositione tanta che il salmone sia coperto di tre dita, giungendovi pepe, cannella, garofani, noci moscate con zafferano, e facciasi finir di cuocere, e nell'ultimo prima che si voglia servire pongasi una mano di herbette battute. Servasi cosi caldo con la sua compositione sopra.
Per far pisto de polli cotto in pasticci
Piglisi il petto del pollo carnuto, non pastato, morto di quel giorno, allessasi con acqua, e un poco di sale, fin'a tanto che sia piu di mezzo cotto, pestinosi poi nel mortaro con mollica di pane sottestato over imbeverato nel brodo magro, quattro once di mandole, once tre di zuccaro. Pesta che sarà ogni cosa con brodo magro del detto pollo si stemprerà se sarà ben pisto, non occorrerà passarlo, ma solo giungerai un poco d'uva passa di Corinto, ed un poco di sugo di melangole, e ogni cosa si ponerà in una cassa di pasticcio, la quale sia un poco sodetta, di modo che possa tener la compositione, facciasi cuocere al forno con fuoco lento, over sotto il testo, senza esser coperto il pasticcio, percioche basta che habbia un poco di corpo. Servasi caldo perchè così vuol essere.
Per fare pasticcio di coscia di vitella mongana
Se la vitella sarà piccola, piglisi la coscia intera, ma sendo grossa, si puo compartire in piu pezzi, privisi di quella pellicina che ha in circa, e volendogli lasciare l'osso, sarà in arbitrio: facciasi stare in una composizione per tre hore, fatta di pepe, garofali, cannella , noci moscate, e sale, il simile i pilloti, con la quale a da essere impillottata, ma se prima si vorrà rifare sulla graticola, sarà in arbitrio, perche rifacendola il sugo resta in essa carne, e si sgonfia, e nel cuocere che si fa, non è cosi pericoloso il pasticcio di crepare, per tanto, stata che sarà in la composizione, ò rifatta, ò no, s'impillotti per il lungo di lardo, e habbiasi un sfoglio tondo fatto di farina grossa, e si ponga detta carne in detto sfoglio, con fette di lardo sotto e sopra, spolverizzate della medesima spetieria, e bagnasi il foglio con ove sbattute, ò con acqua : chiudasi e facciasi il suo oratello in circa, e il pecollo donde possa sfiatare, quando sarà il tempo: diesigli il colore con ova sbattute, ovvero con acqua tinta di zafferano, ò dopo che è cotto cosi caldo si puo hancora dare il colore con una cotica di lardo. Tal pasticcio vuole cuocersi adagio, e non vuole il fuoco troppo impresso, e essendo il pezzo di sei libre, non vuole manco di due hore e mezza ha cuocere: ma piu sendo la coscia intera, e per conservarlo che non pigli troppoo colore di sopra, se gli metta sopra soglie di carta straccia e cotto che sarà si potrà servire caldo, e conservare l'estate per quattro giorni, e l'invernata per otto, vero è che quando si vogliono conservare, se gli pone piu sale, e piu spetierie, e sopra tutto turare il buco di sopra, e ogni loco dove fusse crepato, perche quando l'aere penetra il pasticcio, in breve si muffisse, e putrefà e vuole essere conservato in luogo asciutto, non troppo humido, ne troppo caldo.
Per far torta reali di pignoli, e mandole, et altre materie
Mondasi una libra di amandole ambrosine, state in mollo nell'acqua fredda per otto hore, e monde che saranno si pestino nel mortaro, con altrettantti pignoli mondi, che siano stati in mollo in acqua fredda per sei hore, e pista che sarà ogni cosa con due libre di zuccaro fino, giungasi con essi otto capi di latte freschi, ovvero una libra e mezza di fiorita pecorina fresca, e non havendo nè l'uno nè l'altro, pigliasi mozzarelle fresche, ma meglio sarà sempre i capi di latte, giungasi con esse materie; sei rossi d'ova freschi sbattuti, e quattro oncie di mele appie ben piste nel mortaro e, e un grano di muschio, e mezza oncia di gengevero e un poco d'acua rosa e nò volendosi biancata luogo di gengevero pongansi garofali, cannella, noci moscate, e habbisi apparecchiata la tortiera, con un sfoglio di pasta reale sotto alquanto grossetto, e il suo tortiglione sfogliato incirca, fatto di fior di farina, zuccaro, butiro, acqua rosa, e sale a bastanza, e mettasi dentro la compositione, di modo che non sia nè troppo alta, nè troppo bassa, e facciasi cuocere nel forno, come i marzapani, facendoli la sua crostata di zuccaro, e acqua rosa, e si serve calda o fredda a beneplacito.
Per far minestra di sparagi salvatici et domestici
Piglisi la parte piu tenera, facciasi bollire nell'acqua calda fin'a tanto che divengano teneri, dapoi si facciano finire di cuocere in buon brodo di cappone, o di vitella, et con pochissimo brodo vogliono servirsi. Con li salvatici si puo cuocere dell'uva passa. Li domestici cotti che saranno nel brodo, et non disfatti si possono servire con sugo di melangole, zuccaro, et sale, et in giorno di magro, o di vigilta si terrà l'ordine de gli altri herbami.
Ma chi era veramente Bartolomeo Scappi, cavaliere del Giglio e Comes Palatinus Lateranensis al servizio di quattro papi? Lo spiega con precisione il volume “Il cuoco segreto dei papi” di June di Schino e Furio Luccichenti (Gangemi Editore, 224 pagine, 35 €) che ricostruisce, sulla base di un'ampia ricerca archivistica e di un pregevole corredo fotografico in alta definizione, la vita del celebre «chef» del '500, descrivendo il ruolo e le vicende della Confraternita dei Cuochi e Pasticceri a cui apparteneva. Il libro comprende un’antologia della monumentale "Opera" che Scappi scrisse al culmine della carriera (Venezia, 1570) e ventotto tavole, con cui l’autore corredò il testo per illustrare l'architettura delle cucine e gli "instromenti, ordigni e masserizie" necessari a esercitare l'arte del cuoco nella Roma rinascimentale. Il libro appena uscito ha subito vinto il prestigioso Premio Bancarella dell’Accademia Italiana della cucina: «Il volume - spiega l'autrice - è frutto di cinque anni di perseverante ricerca negli archivi vaticani. Cinque anni che mi hanno consentito di scoprire l'esatta data del primo testamento (1571) e della morte dello Scappi (13 aprile 1577) e il luogo in cui fu sepolto, la chiesa di San Vincenzo della Confraternita dei Cuochi e Pasticcieri a Roma. Morendo, Bartolomeo lascò dei soldi alla Confraternita che ebbe ancora lunga vita poichè l'ultimo presidente fu nientemeno che Giuseppe Garibaldi». L’ "Opera" di Scappi fu un libro assolutamente innovativo per la sua epoca. Conteneva più di mille ricette, ottenne il privilegio di stampa dell’Inquisizione e introdusse nuove conoscenze nella gastronomia rinascimentale. «Esso rivela che nel '500 a Venezia era in auge la moda delle colazioni a base di frutta e verdura candite – spiega la Di Schino - Le verdure erano allora considerate cibo plebeo ma il cuoco, che era di umili origini, le trasforma in cibo per i nobili inventando piatti raffinati come il brodo apostolorum con le erbe tritate». Per un altro grande gastronomo del passato, Bartolomeo Platina, mangiare pesce portava malattie, Scappi elenca invece ricette con ben 75 tipi di pesce (“nessuno lo cucina meglio dei pescatori di Chioggia”, precisa). «L'Opera non fu mai tradotta in alcuna lingua straniera – osserva ancora la Di Schino - ma fu copiata in tutte le lingue, dai Paesi Bassi alla Spagna, dove Diego Granado Maldonada utilizzò a proprio nome gran parte delle ricette di Scappi nel “Libro del Arte de cozina”, edito nel 1599».
Si può consultare l'Opera dello Scappi: qui.
R.P.