venerdì 27 gennaio 2012

Giorno della Memoria.


Sono passati già più di cinquant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il cuore ha dimenticato molto, soprattutto luoghi, date, nomi di persone, ma malgrado ciò sento quei giorni con tutto il mio corpo. Ogni volta che piove, fa freddo o soffia un forte vento, torno nel ghetto, nel campo di concentramento o nel bosco dove ho trascorso molti giorni. A quanto pare la memoria ha radici profonde nel corpo.
A volte bastano l’odore del fieno che marcisce o il grido di un uccello per trascinarmi lontano e dentro di me.
(da "Storia di una vita" - Ed. Giuntina, 2001)

Una conversazione tra Liliana Segre e Moni Ovadia

mercoledì 25 gennaio 2012

Riunione del Comitato Festeggiamenti.

Si è tenuta ieri sera al "Centro Sportivo" la riunione del "Comitato Festeggiamenti".
Per la Società sono intervenuti il Presidente, Roberto Piccinini; il Segretario, Dino Ferretti, ed il Tesoriere, Ferruccio Marco.
Erano presenti i rappresentanti delle altre Associazioni che compongono il Comitato con i rispettivi Presidenti: Antonietta Masini, per il Gruppo Donatori di Sangue-AVIS, e Massimo Gatti per l'U.S. S. Giuliano Vecchio che ospitava l'incontro.
Si è parlato della Sagra dei Farciö proposta per il pomeriggio del 25 marzo, e si è iniziato il "discorso" per la Festa patronale.
Gli argomenti trattati in questa adunanza del "Comitato" saranno all'ordine del giorno della prossima riunione del Consiglio di Amministrazione della Società  che  si  svolgerà, come  annunciato, venerdì  prossimo  27.
Il Consiglio, perciò, assumerà  le  conseguenti  decisioni  in  riferimento agli  impegni  del  Sodalizio  nel  "Comitato".

Costruire queste navi è immorale.

La vicenda della “Concordia” è argomento di quasi tutte le conversazioni di questi giorni. In questi sede non si vuole assolutamente entrare nel merito di questa tragicissima vicenda. Si vuole però segnalare un ragionamento che ci pare importante e che, se non sbagliamo, nessuno ha affrontato: è giusto costruire navi così?
Lo riprendiamo da “La bussola quotidiana” di due giorni fa’, ed è di Giorgio Maria Carbone.

È trascorsa più di una settimana dal disastro della motonave Concordia, incagliatasi tra gli scogli del fondale marino dell’isola del Giglio. Sono stati giorni di bilanci, di resoconti per ricostruire i minimi dettagli del disastro e individuare le responsabilità umane. Al di là del gravissimo e colpevole errore umano facilmente imputabile, questo disastro dimostra di fatto che la normativa europea sulla sicurezza a bordo di navi così gigantesche non è stata sufficiente per il banale motivo che il natante ospita troppe persone. Come è possibile evacuare in poche ore 4.000 o 5.000 persone? Con la metà delle scialuppe disponibili, perché l’altra metà caso mai sono inservibili a causa del ribaltamento della nave. Non sarebbe stato meglio prevedere degli scivoli? Che avrebbero consentito un’evacuazione più rapida e sicura.
Tanti sono gli interrogativi che emergono. Ma uno è di capitale importanza. Ed è a monte del disastro: progettare e costruire motonavi di questa capienza è eticamente accettabile? Sono imbarcazioni a misura d’uomo? Gestibili facilmente? La progettazione di queste navi è per l’uomo? Detto in altri termini: qual è la logica, la ratio che sottostà a tali progetti?
Certamente si tratta di navi pensate per far trascorrere il tempo, una o due settimane, in modo piacevole ai numerosissimi passeggeri. Ammettiamo anche che si tratti di viaggi di piacere e di gioco, tralasciando altri particolari censurabili. Ma qual è il vantaggio di concentrare in così pochi metri cubi migliaia di persone? Clienti-viaggiatori, personale di bordo e di servizio, con una densità per metro quadrato che supera quella di Hong-Kong o del comune italiano di Portici. Il vantaggio sicuro è l’abbattimento dei costi ordinari di gestione della nave, del personale e della traversata. Tutto però a discapito della sicurezza, della tutela dell’integrità fisica e della salute di chi è salito a bordo.
Queste gigantesche navi da crociera (si guardi: qui, ndr) dimostrano ancora una volta che quando l’uomo ideatore, finanziatore, costruttore o proprietario, ha come obiettivo principale, se non esclusivo, la crescita esponenziale del profitto, allora non avrà alcuno scrupolo nel mettere a rischio l’esistenza fisica dei suoi simili. La ricerca del profitto fine a sé è contro l’uomo. Non solo contro i malcapitati clienti-viaggiatori, ma alla fine anche contro l’uomo che ha progettato, finanziato e costruito.
L’abilità umana che valuta, soppesa, delibera e comanda la scelta di un mezzo piuttosto che un altro si chiama prudenza. In particolare questa virtù pervade tutti gli ambiti delle azioni umane perché commisura e proporziona i mezzi che ho a disposizione con l’obiettivo che mi sono prefisso. Ognuno di noi, se ha a cuore il buon vivere in comune, non potrà non avere come obiettivo fondamentale non solo il rispetto della propria persona e dell’altro, ma anche l’amore di amicizia e la solidarietà verso l’altro, altrimenti la convivenza civile degraderà in barbarie.
Ideare e finanziare progetti per la costruzione di grattacieli-natanti risponde all’obiettivo del profitto, e non alla tutela e al benessere della persona umana. È la stessa logica del progetto che è contraria all’uomo, e in particolare alla prudenza, mettendo gravemente a rischio la vita di migliaia di persone senza un motivo altrettanto grave.
Ammessa anche la colpevolezza del comandante della Concordia, la responsabilità prima risiede nella fase della progettazione e del relativo finanziamento. È in questa fase iniziale che ci sono stati l’errore e la colpa contrari all’uomo ed è da questa fase progettuale che l’errore e la colpa si sono estesi fino al disastro che è evidente a tutti.

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Nella foto: i naufraghi della Costa-"Concordia".

martedì 24 gennaio 2012

L'incontro del Consiglio con i rappresentanti del P.D.

Nei giorni scorsi ha avuto luogo il primo incontro con una delle realtà associative ed istituzionali del Sobborgo alle quali la Società aveva indirizzato un speciale lettera di saluto nel momento dell’insediamento del nuovo Consiglio di Amministrazione.
Verso le 11,30 di domenica scorsa nella Sala riunioni della Sede sociale il Presidente, Roberto Piccinini;  il Vicepresidente, Nuccio Piccinini; il Segretario, Dino Ferretti; il Tesoriere, Marco Ferruccio,  e la Consigliera Bricoli hanno, quindi, incontrato i rappresentati locali del P.D.: Cristina Mazzoni, Bovone Fabrizio, Scarabello Guido ed Enrico Mazzoni.
Un incontro improntato alla  massima cordialità ed amicizia.
“La Società si rinnova non solo nelle strutture ma nell’attività e negli obiettivi - ha detto il Presidente - chiede la collaborazione di tutti ed è pronta alla collaborazione con tutti, nella distinzione dei ruoli e delle funzioni e nella difesa assoluta della propria autonomia perchè la Società non appartiene ad alcun schieramento politico. Rinnovamento nella continuità, questo può essere il nostro slogan di riferimento.”.
Dopo di che ha illustrato le varie iniziative che si intendono realizzare in particolare quelle relative alla mutualità.
“Ma un’altra cosa ci sta a cuore. Ed è quella di lanciare in questa nostra realtà il volontariato ed i  progetti di solidarietà. E’ impensabile che in questo settore tutto sia, si perdoni il termine un po’ forte, “morto”. C’è un ampio spazio che si può colmare o, perlomeno, tentare di colmare.”.
Il dibattito nel quale sono intervenuti tutti i presenti, in particolare sia Cristina Mazzoni sia Enrico Mazzoni, ha riguardato un po’ ogni aspetto della  vita del Sobborgo e soprattutto Enrico Mazzoni, esprimendo anche a nome del P.D.,  la propria soddisfazione per la nuova realtà che si sta creando e gli obbiettivi che si propone,  ha manifestato la disponibilità dello stesso P.D. a collaborare nei modi che si individueranno.
Anche Cristina Mazzoni ha fatto riferimento ad iniziative concrete che si potrebbero realizzare e pure alla situazione della Sede sociale.
Un momento importante quello di domenica che sicuramente sprona il Consiglio ad impegnarsi ancora di più.

mercoledì 18 gennaio 2012

giovedì 12 gennaio 2012

Don Luisito Bianchi: civilissimo gelso....

Si perdonerà questa digressione, ma non possiamo non dire di una persona che ci ha lasciato la settimana scorsa: don Luisito Bianchi, un prete, uno scrittore di rara finezza e profondità.  Lo ricordiamo perchè in un certo modo ha avuto a che fare con la nostra terra ed anche nella formazione civile e sociale di molti.
Era nato a Vescovato in provincia di Cremona il 23 maggio 1927, ed è morto nell'Ospedale di Melegnano vicino a Milano, come si è detto, il 5 gennaio scorso.
Nel 1950 fu ordinato sacerdote, sollecitato ad una simile scelta dall'esempio e dalla predicazione di don Primo Mazzolari. Si laureò in Scienze politiche  all'Università Cattolica di Milano con una tesi sui contadini della Val Padana con il prof. Alberoni. Fu insegnante nel Seminario vescovile di Cremona (1950-51) e poi missionario in Belgio (1951-55). Vicario a S. Bassano in Pizzighettone (1956-1958), nel 1964 divenne vice-assistente delle Acli nazionali a Roma ed assistente delle Acli cremonesi. Quindi ancora insegnante in Seminario (1964-1967).
Successivamente lasciò tale incarico ed arrivò nella nostra terra (1967-71) per diventare operaio turnista ai forni del biossido di titanio nella Montecatini di Spinetta Marengo, mosso dal desiderio di vivere in forma radicale la povertà e la gratuità del ministero ordinato.
Poi, fu inserviente nell'Ospedale "Galeazzi" di Milano, da cui si licenziò per seguire la madre ammalata; al suo capezzale iniziò a scrivere quello che diventò il suo romanzo più famoso, allora intitolato semplicemente "Una Resistenza".
In seguito e fino alla fine è stato Cappellano delle monache benedettine di clausura del Monastero di Viboldone a San Giuliano Milanese.
Tra le sue opere, si ricordano "Salariati", uno studio sociologico sulle condizioni di lavoro nelle cascine cremonesi; "Come un atomo sulla bilancia", il resoconto dei tre anni come operaio alla Montecatini (l'intero diario venne pubblicato nel 2008 con il titolo "I miei amici"). In diversi testi è tornato sul tema della gratuità: "Dialogo sulla gratuità", "Gratuità tra cronaca e storia", "Monologo partigiano sulla Gratuità" (quest'ultimo è un abbozzo di storia della gratuità del ministero ecclesiale).
L'opera maggiore è un romanzo sulla Resistenza, intesa non solo come momento storico, ma come ideale di vita ed espressione di gratuità: "La Messa dell’uomo disarmato". Rifiutato da più editori per la sua eccessiva lunghezza, venne stampato da amici nel 1989 e successivamente edito da Sironi solo nel 2003.
L'ultima pubblicazione significativa fu la traduzione delle opere di san Giovanni della Croce (EDB, Bologna 2011).
Per ricordarlo proponiamo una poesia che ha sempre colpito intimamente la nostra sensibilità non solo di gente di pianura...
Leggiamola lentamente, ruminando bene ogni espressione, ogni singola parola.

CIVILISSIMO GELSO


Civilissimo gelso che t'ostini
a sopravvivere come straniero
su qualche proda della mia pianura,
tu una volta gentile custode
di geometriche piane e di limpide
acque, l'antica gioia ancora serbi
ai miei occhi e parabole mi scrivi
di fanciulleschi giochi quando incontro
festinante mi vieni a imporporare
le labbra con memorie di dolcezza
e a stupirmi il sangue con fruscii
nello scrigno fatato del solaio
della paterna casa alla stagione
dei bachi ghiotti di sériche foglie.
Legno di gelso fu certo la croce
e l'incantato secchio del lavacro
già che resisti all'umana insipienza
che il vorace trattore elesse a nuovo
signore della mia pianura e pronto
ti dichiari a rinnovate alleanze
che ti conducano al dono compiuto
per esultanti fuochi di camini
e bozzoli dorati e labbra turgide
di bambini e riparo alla stanchezza
di mietitori.
All'ultima parabola
dai tuoi rami tracciata all'orizzonte
dell'infuocata mora che per troppa
dolcezza muore, muto m'avvicino.

25 aprile 1991 - Luisito Bianchi

domenica 1 gennaio 2012

Buon anno!!


Buon Anno, fratello. Buon Anno, davvero;
e spero sia bello, sia bello e leggero,
che voli sul filo dei tuoi desideri;
ti porti momenti profondi e i misteri
rimangano dolci misteri,
che niente modifichi i fatti di ieri.  
Ti auguro pace, risate e fatica,
trovare dei fiori nei campi d'ortica;
ti auguro viaggi in paesi lontani,
lavori da compiere con le tue mani;
e figli che crescono e poi vanno via
attratti dal volto della fantasia.
Buon Anno, fratello. Buon Anno ai tuoi occhi,
alle mani, alle braccia, ai polpacci, ai ginocchi.
Buon Anno ai tuoi piedi, alla spina dorsale
alla pelle, alle spalle, al tuo grande ideale.
Buon Anno, fratello. Buon anno, davvero;
e spero sia bello, sia bello e leggero.
Che ti porti scompiglio e progetti sballati
e frutta e panini ai tuoi sogni affamati;
ti porti chilometri e guance arrossate,
albe azzurre e tramonti di belle giornate,
e semafori verdi e prudenza e coraggio,
ed un pesce d'aprile e una festa di maggio.
Buon Anno alla tua luna, buon anno al tuo sole.
Buon Anno alle tue orecchie e alle mie parole.
Buon Anno a tutto il sangue che ti scorre nelle vene
e che quando batte a tempo dice: andrà tutto bene.
Buon Anno, fratello...e non fare cazzate,
le pene van via così come son nate.
Ti auguro amore, quintali d'amore;
palazzi, quartieri, paesi d'amore;
pianeti d'amore, universi d'amore,
istanti, minuti, giornate d'amore,
ti auguro un anno d'amore, fratello mio,
l'amore del mondo...
e quello di Dio.